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Competizioni

Le competizioni nell'Unione Italiana Qwan Ki Do


Nel Qwan Ki Do la Competizione è concepita per permettere al praticante di esprimere le sue conoscenze, secondo un regolamento adeguato che mira alla formazione dell'uomo vero e non solo dell'uomo forte.
La gara è una piccola parte del Qwan Ki Do, non esistono combattimenti individuali. Attraverso la competizione a squadre l'atleta sviluppa il senso dello stare insieme,
e allo stesso tempo un modo per evitare il "campione" che distrugge lo spirito della pratica ma di esaltare la riconoscenza, e il merito.

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Il Significato di Gara

Dopo un susseguirsi di impegni in Competizioni Tecniche e di Combattimento, che mi hanno visto presenziare in varie regioni d’Italia, ho analizzato il fenomeno Gara con grande ansia e ho tratto delle conclusioni amare.
Il Qwan Ki Do è un’Arte Marziale Tradizionale e come tale deve essere presentata agli allievi, e a ogni insegnante questo concetto deve essere ben chiaro. Come tutte le Arti Marziali Tradizionali si presenta agli occhi del neofita come qualcosa di misterioso e affascinante ed in effetti il cammino che dovrà percorrere sarà lungo e da scoprire ogni giorno. Gli obbiettivi sono molteplici e permettono a ognuno di identificarsi e adattarsi per meglio comprendere la disciplina, la filosofia e i valori che la nostra Arte trasmette o dovrebbe trasmettere attraverso gl’insegnanti. Il successo del nostro metodo educativo è rappresentato proprio da questa coerenza con la Tradizione e con i valori della vita.

Uno degli obbiettivi meno importanti del Qwan Ki Do è la gara dove, abbandonando la linea completamente Tradizionale la si alleggerisce mostrando il lato sportivo della nostra Arte. Nell’affrontare il tema gare ogni Insegnante deve essere cosciente che questo obbiettivo deve servire a formare, educare e completare un praticante restando sempre nel vocabolo Arte.

maestro sito competizioniLa gara infatti è un confronto con se stessi, per riuscire a superare paure, ansie, insicurezze e un confronto con altri praticanti, per conoscersi, per migliorarsi, per rispettarsi e per vivere dei momenti insieme, oltre che per essere sereni e felici dopo aver superato la prova in attesa che il compagno, ancora in tensione, superi anche lui la sua.
Le competizioni devono servire agl’Insegnanti per verificarsi, per capire dove i propri allievi sbagliano, per conoscere meglio il carattere dei propri praticanti. Mai, dico Mai, l’Insegnante e il praticante devono dimenticare che questo obbiettivo va affrontato all’interno del vocabolo Arte.

Mio malgrado devo ammettere che in molti praticanti il vocabolo Arte ha lasciato il posto al vocabolo sport e questo ha deteriorato quello che è lo spirito del Qwan Ki Do. Con questo non voglio dire che lo sport sia negativo, ma voglio affermare che lo sport dei nostri giorni ha perso quell’essenza, quella purezza, quell’educazione e quella tradizione che fin dall’antichità veniva trasmessa con questo vocabolo.

Le stesse Tradizioni Orientali le possiamo ritrovare nell’antica Grecia, dove gli sports erano chiamati giochi e dove l’abilità e la preparazione alle varie specialità erano una vera Arte. Le Olimpiadi stesse erano occasione per cessare ogni ostilità e ritrovarsi in pace a gareggiare e mostrare l’acquisizione delle Arti Sportive. Ormai tutto questo è praticamente scomparso, sommerso da interessi, politica, orgoglio, mania di grandezza, ecc…

Mi rammarico quando nel Qwan Ki Do osservo come per molti le giornate di gara si trasformano in delusione, tristezza o gioia per aver schiacciato un compagno. Che misera consolazione per un atleta aver superato senza il giusto spirito un avversario, vittoria effimera che sparisce velocemente come una farfalla prende il volo quando la mano che la stringe si stanca e non ha la forza per trattenerla. Ben più lusinghiera e serena di colui che gareggia col giusto spirito, già è vincente perché ha partecipato e in più se da questa giornata acquista spensieratezza e amicizia, non avrà bisogno di stringere la mano ma la farfalla da sola si poserà sul palmo perché il suo spirito è carico di valori.


La gara deve essere un momento felice e non un momento rappresentato da una coppa, una medaglia; chi riuscirà a capire questi semplici ma basilari concetti, riuscirà ad affrontare le prove della vita, ben più difficili, con uno spirito vincente.

Ben più grave è quando certi atteggiamenti li identifico negli insegnanti o nei genitori, in coloro che dovrebbero educare e invece per il loro orgoglio personale, trasformano le gare in uno stadio, in una lotta per la sopravvivenza, in un continuo tentativo per rifarsi sugli altri; forse frustrati da una gioventù che gli ha visti sempre perdenti. E’ assurdo come certi genitori si permettano di giudicare una gara tecnica o come un giovane Istruttore venga a chiedermi come mai quell’allieva non vince mai!?!…e aggiunge che gli è sembrata andare molto bene…!

Certo rimango allibito non mi sarei mai permesso di affermare sotto forma di domanda, al mio Maestro una cosa del genere; più seriamente gli avrei chiesto dove ho sbagliato perché comprendendo i miei errori avrei potuto correggere e trasmettere meglio ai miei allievi la tecnica.
Purtroppo l’orgoglio e la superbia di questo giovane istruttore non sono ancora stati mitigati e la sua mancanza di umiltà non gli permette di vedere nella giusta direzione.

Dopo anni in cui sono stato introdotto all’Arte di giudicare le tecniche dal mio Maestro, ancora adesso quando mi siedo accanto a lui, lo ascolto e scopro ancora delle sfumature, dei particolari che mi erano sfuggiti. La gioventù oggi è piena di sé, sta a noi insegnanti saper incanalare ed educare questa loro esuberanza, in modo che capiscano che quello che altri hanno imparato e trasmesso nei secoli loro non possono pretendere di apprenderlo in qualche anno.

Tentiamo quindi di rivedere le nostre idee sul significato delle gare per evitare che queste vengano bandite dal Qwan Ki Do; la gara deve essere il simbolo dell’amicizia dell’educazione e dell’unione fra i praticanti e non il simbolo della controversia, della discordia, dell’ignoranza, della faciloneria e dell’orgoglio personale.

 
Direttore Tecnico Nazionale

Roberto Vismara